Ma di che cosa stiamo parlando davvero, quando trattiamo di fiducia? Volendo cercare nella letteratura le possibili risposte, ci si imbatte in una bibliografia imponente ed in analisi sviluppate con prospettive ed in ambiti di ricerca i più diversi (politico, sociologico, aziendale, psicologico).
Nella raccolta "Trust: Making and Breaking Cooperative Relations", Diego Gambetta, all’interno del saggio "Can We Trust Trust", elabora una delle definizioni fondamentali della fiducia, ovvero: «L’atteggiamento verso un’altra persona basato sulla convinzione che questa non farebbe nulla contro di noi anche se ne avesse la possibilità e ne potesse trarre un vantaggio personale».
Molti dei saggi contenuti nel libro di Gambetta tendono poi a dimostrare che la fiducia dipende anzitutto dalla capacità di scoprire o formulare interessi comuni e, in secondo luogo, dall’esistenza di relazioni di cooperazione, invece che esserne una precondizione. Detto diversamente, non è da una preesistente e miracolosa fiducia che nascono relazioni cooperative ed obiettivi comuni fra persone ma, appunto, avendo obiettivi comuni e cooperando per realizzarli, un poco alla volta, si genera fiducia.
La fiducia è il collante che tiene unita, o in mancanza, scompone tragicamente, la comunità umana sin dai primordi.
Già nelle prime esperienze di convivenza
sociale fu necessario vincere la diffidenza e la paura verso l’altro, spesso
nemico nella disputa per le prede o per i territori di caccia, percependo la
necessità di affrontare il rischio, in
vista dei vantaggi che il passaggio da un’individualità selvaggia ad una
dimensione aggregativa avrebbe potuto comportare.
A differenza della fede che trascende la realtà e confida in concetti astratti, non richiedendo riscontri probanti degli assunti che proclama in quanto rivelati e non negoziabili, la fiducia è un processo molto complesso per quanti la ricercano e soggetta a tanti pericoli per coloro che devono concederla.
Esiste una fiducia biologica, basata in larga misura sulla dipendenza per il nutrimento, che fonda il legame tra la femmina di ogni specie animale e i propri piccoli, sin dalla nascita. Il fenomeno a lungo studiato dall’etologo Konrad Lorenz ed esposto nell’opera nota come "L’anello di Re Salomone" pubblicata nel 1949 è ricompreso nella più ampia definizione di imprinting ed è ormai scientificamente accertato e universalmente accettato.
Come successivamente sperimentato ed approfondito dagli psicologi del comportamento e dagli antropologi, esso consiste nel seguire istintivamente e sino al raggiungimento dell’autonomia il soggetto che il nuovo nato vede per primo e che gli assicura il nutrimento, la protezione e l’interazione con l’ambiente. Non si tratta di un sentimento ma di un istinto necessario alla sopravvivenza.
Di tutt’altra natura sono la fiducia sociale e l’ancora più complessa fiducia politica in cui entrano in gioco anche elementi di piena consapevolezza. Diamo fiducia perché ci aspettiamo qualcosa di buono da qualcun altro, ma non ne siamo certi, tuttavia le cose che sappiamo, il carico cognitivo e quelle che sentiamo, il carico emotivo, sono qualcosa di più di una mera speranza, quindi solo dopo aver fatto una sintetica ricognizione dei costi e dei benefici futuri e abbandonando le esitazioni, ci inoltriamo nel rapporto fiduciario.
Il clima di profonda insicurezza generato dalla pandemia e dagli effetti economici e sociali che esso sta comportando, è una condizione ideale per esaminare il tema, individuarne i rischi, contenerne gli effetti che, anche sul piano politico ed istituzionale, possono essere devastanti.
Oggi la fiducia è considerata la risorsa più preziosa in ogni campo a motivo del fatto che nelle società evolute la delega a qualcuno che operi a tutela degli interessi collettivi è in larga misura volontaria, discrezionale e soggetta a oscillazioni di ogni genere.
Anche nelle
organizzazioni più gerarchiche o autoritarie, il tasso di realizzazione dei
risultati è funzione del livello di fiducia che intercorre tra il vertice e la
base e viceversa, non potendo essere in alcun modo assoggettata al controllo l’intera gamma delle variabili del
comportamento umano.
La sociologia
suole distinguere all'interno di questo sentimento morale che permea
l'ordine sociale almeno tre tipi di fiducia: la fiducia sistemica o istituzionale,
ossia quella che gli attori sociali ripongono verso l'organizzazione naturale e
sociale nel suo insieme, la
fiducia personale o interpersonale, quella che gli
attori rivolgono agli altri attori sociali, l’ autoreferenza o
fiducia in sé stessi.
La fiducia sistemica è stata analizzata dai fondatori della sociologia Max Weber ed Emile Durkheim anche se non in maniera nitida come dai successivi scienziati sociali.
Come nota
Antonio Mutti nell’opera "Capitale sociale e sviluppo - La fiducia come
risorsa" Il Mulino, Bologna, 1997 «Si tratta (...) di una presenza confusa con
quella di legittimità, consenso, cooperazione, solidarietà. Il concetto di
fiducia interseca indubbiamente tutte queste dimensioni, ma non si confonde con
esse; ha diritto, perciò, a uno statuto specifico, come ben traspare dalle
brevi ma dense note di Georg Simmel l'unico grande classico del pensiero sociale che ha trattato la fiducia come
categoria specifica d'analisi».
E ancor prima dei padri fondatori della
sociologia, l'idea che i soggetti stipulino un contratto sociale tra di loro
era a fondamento delle teorie contrattualistiche del giusnaturalismo.
La fiducia interpersonale, sempre secondo Antonio Mutti, viene, allora, prioritariamente definita come «l'aspettativa che Alter non manipolerà la comunicazione o, più specificamente, che fornirà una rappresentazione autentica, non parziale né mendace, del proprio comportamento di ruolo e della propria identità.
L'aspettativa di Ego concerne cioè la sincerità e credibilità
di Alter, intese come trasparenza e astensione dalla menzogna, dalla
frode e dall'inganno».
L’ autostima o fiducia
in se stessi, infine, deriva da elementi cognitivi ovvero dal bagaglio di conoscenze di una persona, la
conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto; elementi effettivi che
vanno ad influenzare la nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti,
che possono essere stabili, chiari e liberanti; elementi sociali che condizionano
l'appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un'influenza sul medesimo
e di ricevere approvazione o meno dai componenti.
Si tratta di concetti abbastanza noti, se non addirittura
basici nella formazione universitaria e manageriale, rispetto ai quali
tuttavia, lo sviluppo degli studi compiuti dalle neuroscienze sta aprendo nuovi
e più interessanti orizzonti che il mondo della comunicazione segue con grande
attenzione, pur nell’eterogenesi dei fini che sconfina nella disinformazione
attraverso i social e nell’ormai dilagante fenomeno della produzione
di fake news.
Nel saggio "Not so different after all:
across-discipline view of trust" pubblicato in "Academy of management
Review" Vol. 23, 1998, gli accademici
Denise M. Rousseau (Carnegie Mellon) Sim
Sitkin (Duke) Ronald S. Burt (Chicago) e
Colin Farrell Camerer (Pasadena) descrivono le differenti forme di fiducia secondo quattro
tipologie.
La fiducia basata sul deterrente (Deterrence-based trust): un agente crede che l’altro si comporterà in maniera affidabile perché le sanzioni che riceverebbe nel caso in cui tradisse la fiducia sono più costose di eventuali benefici opportunistici.
La questione che
rimane aperta riguardo a questo tipo di fiducia è il rapporto con il
controllo:alcuni sostengono infatti che la fiducia basata sul deterrente non possa
chiamarsi propriamente fiducia, anche se favorisce la cooperazione. Altri
fattori, ad esempio, la coercizione, possono infatti incentivare un
comportamento cooperativo, ma spesso più che forme di fiducia sono forme di
controllo. In realtà, il rapporto tra fiducia e controllo è molto complesso.
La fiducia basata sul calcolo (calculus-based trust): si fonda su una scelta razionale, tipica degli scambi economici. Il trustor ha la percezione che il trustee intenda compiere un’azione vantaggiosa per lui.
Questa percezione deriva sia dalla fiducia basata sul deterrente, ma anche e soprattutto dalle informazioni sulle intenzioni e sulla competenza dell’altro, ottenute tramite reputazione, ossia fidandosi dei racconti di altri sul trustee o tramite certificazione. Pare che all’interno di questo tipo di fiducia, gli autori non contemplino l’esperienza diretta, tipica invece della terza forma. Le parti si fidano, ma dietro verifica.
Il concetto di verifica non è purtroppo approfondito: da un
lato, è sicuramente precedente alla decisione di fidarsi, nel senso che per
fidarsi sono necessarie alcune condizioni:informazioni sull’affidabilità del trustee
dall’altro, potrebbe anche essere con verifica “postdecisione” ossia controllo
dell’operato del trustee una volta che il compito gli sia già stato
affidato.
La fiducia relazionale (relational trust): deriva dalle interazioni ripetute. La reputazione è costruita dall’esperienza diretta.
Non solo, secondo gli autori, in questo caso interviene anche l’emozione, poiché le interazioni frequenti e a lungo termine formano un attaccamento basato sulla preoccupazione e la cura interpersonale. Essa può anche superare eventuali violazioni, a differenza della fiducia basata sul calcolo, che ne sarebbe invece penalizzata fino all’interruzione di ogni relazione.
La forma più elevata di questa fiducia, che loro chiamano “affettiva”, è la fiducia basata sull’identità, definizione mutuata dal prestigioso studio di consulenza manageriale statunitense Cameron MacAllister Group, di Orinda, California.
La fiducia basata sull’istituzione (institution-based trust) è la fiducia basata
sull’esistenza di sistemi legali per proteggere dall’assunzione di rischio
insita nella decisione fiduciaria. Così come per la deterrence-based trust, il
problema sollevato è: si tratta di una forma di fiducia o di una forma di
controllo?
Per tutti coloro che hanno studiato il tema, resta comunque impregiudicato il concetto che la fiducia poggi su tre dimensioni declinabili e integrabili con pari intensità: il comportamento (behaviour ) la competenza (competence) la benevolenza in senso lato (goodwill) testimoniate concretamente dal profilo di coloro che aspirano ad ottenerla.
Un’ utile e
sintetica metodologia ad excludendum, secondo l'espressione coniata negli anni settanta dal giurista e politico Leopoldo Elia, da tenere a mente quando sarà il momento di
scegliere da chi e come si vuole essere governati, ma valida frattanto per
valutare chi già oggi esercita il potere, sia esso legislativo, esecutivo o
giudiziario.
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Nei prossimi giorni tutti i cittadini italiani saranno chiamati a votare per cinque referendum abrogativi https://dait.interno.gov.it/elezioni/speciale-referendum in merito alla propria fiducia o meno nei confronti dell'attuale assetto della Magistratura, recentemente modificato in piccola parte dalla cosiddetta "Riforma Cartabia" e oltre nove milioni di essi dovranno pronunciarsi anche in merito al governo di centinaia di comunità locali di molteplici dimensioni.
Si tratta di due cospicui investimenti fiduciari che attengono all'essenza della convivenza civile, alla capacità delle Istituzioni di dare risposte ai bisogni sociali, alla certezza di essere giudicati con garanzie di terzietà e di ogni possibile rapidità, bisogni che non riguardano soltanto la comunità nazionale ma che sono avvertiti anche come asset di civiltà cui l'Unione ascrive la massima importanza per il processo di progressiva convergenza di tutti i Paesi membri.
Buon governo delle comunità e garanzie del sistema giudiziario sono anche elementi strategici che operano nell'inevitabile competizione tra i territori per stimolare la natalità, per attrarre nuova popolazione contribuente ed investimenti produttivi sia domestici che internazionali.
E' necessario, allora, depurare da qualsiasi connotato ideologico il voto del 12 giugno, sia referendario che amministrativo, sottraendolo alla propaganda di chi vuol fare l'ennesima "bandierina" da piazzare in vista di future elezioni politiche, quelle sì, a pieno diritto, luogo di schieramento e confronto anche aspro tra differenti visioni del mondo, della soluzione dei problemi nazionali, della consapevole appartenenza all'Unione Europea.
Ricondurre sui giusti binari le prossime competizioni elettorali rappresenta l'unico percorso per ridurre l'astensionismo ormai allarmante delle nostre comunità che, come insegna la Storia, finisce con la consegna del potere a minoranze culturali talmente rumorose da diventare maggioranze politiche, legittime certamente ma che allontanano ulteriormente i cittadini dalla partecipazione alle scelte di fondo.
Insomma, la Fiducia è una complessa necessità. Per vivere. Una necessaria scommessa con tante dimensioni. Ed imparare a darla è quasi più importante che riuscire ad ottenerla, comprendendo quanto essa sia indispensabile per vivere e lavorare alla costruzione del Bene Comune.
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(*) Giornalista e saggista. Presidente PRUA.
https://www.associazioneprua.it/socio-luigi-sanlorenzo/
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