12 gennaio, 2022

Quel 12 gennaio del 1848

 




Quattro passi nella Palermo delle rivoluzioni

di Luigi Sanlorenzo  (*)


Nell’ attesa che i siciliani procedano con saggezza in autunno al rinnovo del Parlamento  regionale e nella ricorrenza del 12 gennaio del 1848,  propongo una salutare passeggiata "ad anello"  e che, in quanto tale,  può essere iniziata da ciascuno dei luoghi indicati. L’itinerario sarà descritto iniziando proprio dalla piazza della Rivoluzione e secondo il senso orario.

Nella piazza della Fieravecchia iniziò la rivoluzione del 1848 il giorno 12 gennaio.  Il nome odierno della piazza, dove da secoli campeggia la statua del Genio di Palermo,  vuole ricordare proprio quell’evento - primo moto di quel ’48 europeo che avrebbe modificato negli anni successivi la storia e la geografia del Continente ed entrato nel linguaggio comune come sinonimo di “rivoluzione” -  di cui oggi ricorre oggi il 174°  anniversario. 

Una curiosità: su un lato della piazza esiste una lapide che comparava le antiche misure siciliane con quelle introdotte dal nuovo regno e ciò a tutela dei consumatori dalla furbizia dei commercianti. Una saggia iniziativa che sarebbe stata di grande utilità quando nel 2002, venti anni or sono ormai,  fu introdotto il corso legale dell’Euro con la circolazione delle nuove monete e banconote che a lungo furono motivo di illeciti e ambigui raddoppi dei prezzi al consumo.

A Palermo l’insurrezione fu capeggiata dal mazziniano Rosolino Pilo e promossa insieme a Giuseppe La Masa. Passata alla storia come la Rivoluzione siciliana del 1848, portò alla proclamazione del Nuovo Regno di Sicilia e alla formazione di un governo provvisorio. Fu recuperata la Costituzione del 1812, concessa durante l’esilio siciliano di Ferdinando IV di Borbone e poi rinnegata dopo la Restaurazione nel 1815, incentrata sui principi della democrazia rappresentativa e sulla centralità del Parlamento.

Il 23 gennaio il Comitato generale dichiarò decaduta la monarchia borbonica. Ma già nel settembre dello stesso anno l’esercito borbonico riconquista Messina e, nei primi mesi del 1849, anche Catania. Palermo capitolò il 14 maggio e con lei anche le speranze di uno stato siciliano indipendente. A lungo gli storici si sono divisi sulle caratteristiche di quell’evento da alcuni,  tra cui il compianto professor Massimo Ganci,  definito elitario e non abbastanza popolare. 

In realtà,  il moto rimase isolato in quanto di sulfurea ispirazione repubblicana  e non ancora abbastanza collegato con gli interessi della Gran Bretagna e il beneplacito del Regno di Sardegna, in chiave anti francese,  che invece sarebbero stati determinanti per il successo della Spedizione dei Mille, dodici anni dopo. 

Ma questa è un’altra storia a cui dedicherò presto una riflessione storiografica più approfondita.




_______________________


Avviatisi per via Cantavespri si gira a destra per piazza Croce dei Vespri. Sotto quest’ultima piazza erano stati sepolti i conquistatori angioini nella rivoluzione dei Vespri del 1282. Anche essa era stata diretta contro il re Carlo I d'Angiò  -che si rifugiò nella lontana Napoli - rivendicando l’indipendenza siciliana

Va segnalato a tal proposito che Dante Alighieri,  diciasssettene  nel 1282, nell'VIII canto del Paradiso, indicherà come Mala Segnoria il regno angioino di Sicilia.

Il ricordo e la celebrazione dei Vespri rivendicato dagli insorti del 1848 costituiva argomento di contrasto tra governo borbonico e popolazione siciliana anche per questo significato simbolico che evocava.

Si prosegue per l’attigua piazza Sant’ Anna e, attraversata la via Roma che bisogna immaginare come non esistente in quanto realizzata tramite sventramento del tessuto urbano dopo il 1895, si imbocca la via Calderai seguendo il percorso che probabilmente compirono gli insorti nell’avvicinarsi ai centri del potere cittadino.

Si giunge così alla via Maqueda ed alla prospiciente via Ponticello e si gira subito a destra nella via Pietro Amodei che sbocca in via Università. In questo luogo avvenne lo scontro con la cavalleria napoletana e cadde per primo l’ Amodei, cui fu successivamente intitolata la stradina; le truppe borboniche, preoccupandosi di restare intrappolate nel centro della città, si ritirarono.

Sulla facciata laterale del palazzo dell’Università, nella via omonima,  di fronte al confluire della via Amodei  una lapide ricorda:

Qui il 12 gennaio 1848 Pietro Amodei primo martire del popolo insorgente 

spirava la grande anima, pago di sigillar col sangue la 

sua immobile fede nell’indipendenza siciliana

Dopo l’Unità d’Italia, a titolo risarcitorio,  il figlio Francesco, appena nato all'epoca della morte del padre,   fu fatto studiare all’Accademia delle Belle Arti di via Papireto di cui fu poi docente e  dove è conservato un suo busto marmoreo; agli eredi dell’Eroe fu assegnato un vitalizio perpetuo. Ricordo ancora con quale fierezza il mio nonno materno Giovan Battista Amodei, classe 1888 e Cavaliere di Vittorio Veneto, con cui si estinse nel 1974 la linea di discendenza maschile,  mostrava a me bambino il libretto postale rilasciato agli eredi dei “Danneggiati Politici”  e che ancora conservo.

Nel luogo dove cadde Pietro Amodei era situata la statua di San Gaetano, poi rimossa per ordine del marchese di Rudinì; oggi si trova nel quartiere Brancaccio alla confluenza tra la via omonima  e la via San Ciro.

Attraversata la via Maqueda,  si gira intorno al Palazzo Municipale, sede da secoli dell’amministrazione cittadina, il cui capo fino al 1860 aveva il titolo di pretore e non di sindaco ed era una carica che una lunga tradizione riservava ad un aristocratico.

Nel 1860 il palazzo detto "delle Aquile " si ritrovò situato nell’area della città conquistata dagli insorti e dai garibaldini e, mentre durava ancora la battaglia di Palermo, fu centro di una grande manifestazione popolare di fronte a cui Garibaldi, affacciatosi al palazzo, si impegnò a non venire a patti con i Borbone. Nel 1866 la popolazione insorta ne cacciò il marchese di Rudinì, capo dell’amministrazione cittadina e rappresentante degli interessi dell’aristocrazia fondiaria. 

Discesa la scalinata fiancheggiata dalle due statue leonine e tornati in via Maqueda,  si imbocca la via Giuseppe d’Alessi, che ricorda il capo della rivolta di Palermo del 1647 e gli avvenimenti che in quell’epoca si svolsero nell’attigua chiesa di San Giuseppe, e la si percorre, lasciando a destra Piazza Bologni,  fino a vicolo Castelnuovo per cui si gira a destra. Siamo ora nel mandamento dell' Albergheria: a pochi passi, la Chiesa del Gesù detta Casa Professa e il mercato storico di Ballarò.

Nel vicolo Castelnuovo al civico numero 11 aveva il proprio palazzo Carlo Cottone Principe di Castelnuovo leader del movimento rivoluzionario del 1812. Dopo il golpe assolutista del 1816 egli si chiuse nel palazzo rifiutandosi di riconoscere la legittimità del nuovo regime. Si risale quindi il corso Vittorio Emanuele II, attuale denominazione della via già intitolata al viceré Garcia de Toledo, ma che conserva nella memoria di molti palermitani il nome più antico ancora di "Cassaro" dall'arabo al qasr (la strada verso il  castello) 

Si giunge alla Villa Bonanno, alla Piazza Vittoria ed alla Piazza del Parlamento, avendo di fronte il Palazzo Reale ed a destra il contiguo quartiere di San Giacomo, tuttora adibito ad uso militare. La vegetazione non consente di cogliere la vastità della superficie complessiva, che portava tradizionalmente il nome di Piano del Palazzo. Una parte di essa è adesso intitolata alla Vittoria a ricordo di quella riportata dal popolo palermitano nella rivoluzione del 1820. Qui infatti durante il Festino di Santa Rosalia maturarono rapidamente fermenti di rivolta che produssero l’assalto al palazzo e la presa del potere da parte delle maestranze artigiane.

Si ritorna indietro per corso Vittorio Emanuele, piegando a sinistra ai Quattro Canti e, attraversata la via Maqueda, si percorre la via Venezia. Nella zona era insediato il quartiere della maestranza artigiana dei conciapelle. Nel 1820 i conciapelle furono la forza trainante della rivoluzione e per questo motivo il generale napoletano Nunziante, a regime restaurato, ne rase al suolo gran parte del quartiere. Le aiuole al centro della piazzetta di via Venezia, una volta chiamata piazza Nuova o Bocceria nuova, sono i segni di questo sventramento e della successiva sistemazione.

L’azione di trasformazione  del rione Conceria fu poi ripresa dal regime fascista nell’area dove sono situate le vie Bari e Napoli con distruzione massiccia di assetto urbano e monumenti. Attraversata nuovamente la via Roma si giunge alla chiesa di San Domenico che fu sede il 25 marzo del 1848 della seduta inaugurale del parlamento generale di Sicilia. Nella chiesa, definita il Pantheon di Palermo vi sono i monumenti funebri di alcuni dei protagonisti della storia e della cultura siciliana.  https://www.domenicani-palermo.it/pantheon.html

Nel  2015 vi è stata traslata la salma di Giovanni Falcone, in precedenza tumulata nella cappella di famiglia al Cimitero di Santo Spirito.




Uscendo dalla chiesa e oltrepassata la sede della Società Siciliana di Storia Patria con il Museo del Risorgimento,  si piega a destra per la via Gagini o la via Roma, fino ad arrivare alla via Seminario Italo-Albanese che si imbocca girando poi a sinistra per la via Monte Santa. Rosalia. L’edificio a destra, Palazzo Branciforte,  con ingresso dalla via Bara all’Olivella e proprietà della Fondazione Sicilia, era sede del Monte di Pietà Santa Rosalia in cui la povera gente depositava in pegno i propri beni non preziosi in cambio di piccoli prestiti. Il dedalo della scaffalature lignee destinate a tale uso è uno dei luoghi più affascinanti della città e storico set di film indimenticabili.

Nel 1848 la marina napoletana bombardò Palermo insorta e le bombe provocarono un incendio in questo palazzo distruggendo i beni lasciati in pegno. Per domare Palermo nuovamente insorta, molto più estesa fu la zona bombardata nel 1866 dalla marina sabauda e molto più distruttivo il bombardamento per effetto delle innovazioni nelle artiglierie.

Dalla via Bara si gira a destra per la via Lampedusa e poi a sinistra per la via Valverde e si arriva così alla via Squarcialupo, intitolata così perché nei pressi fu assassinato il capo della rivolta repubblicana del 1517, Gian Luca Squarcialupo. Percorsa questa via verso piazza Valverde, si giunge alla via Meli, girando poi a destra per via Materassai, piazza Garraffello e via Garraffello e si attraversa il corso Vittorio Emanuele. Lo si discende per una trentina di metri fino a via del Parlamento che girando a destra si percorre fino al numero 32, dove in cima ad una breve rampa hanno sede la Biblioteca francescana e l’Officina di studi medioevali. 

Al primo piano dell’edificio, che è il complesso conventuale di San Francesco, ebbe sede ordinaria il parlamento generale di Sicilia nel 1848 e 1849 in due sale configurate a L, una per la camera dei pari, l’altra per quella dei comuni.

Uscendo dall’edificio si gira a sinistra giungendo alla via Immacolatella e percorrendola fino a piazza San Francesco d’Assisi ed alla via Merlo. Si discende a sinistra lungo questa via fino a piazza Marina. Al termine della piazza a destra si imbocca la via 4 Aprile, mentre a sinistra si lascia la mole dello Steri di fronte a cui fu decapitato nel 1410 Andrea Chiaramonte capo della resistenza baronale al re aragonese Martino I.

Di fronte alla via 4 Aprile qualche metro a sinistra sulla via Alloro è bene evidente la "buca della salvezza" da cui fuggirono due superstiti della sommossa della Gancia del 4 aprile 1860. Più avanti sulla destra al civico 97 si situò nel 1892 la sede dei Fasci dei Lavoratori. Il numero civico è oggi inesistente e l’edificio è stato demolito recentemente per costruire un nuovo fabbricato. Si prosegue per via Alloro fino a quando si giunge ad avere a sinistra la via Aragona che si percorre ritornando a piazza Rivoluzione.

Buona passeggiata nella Storia,  che ha sempre tanto da insegnare a chi ha l'acume di darle ascolto!



_______________________

(*) Giornalista e saggista. Presidente PRUA

https://www.associazioneprua.it/socio-luigi-sanlorenzo/

2 commenti:

  1. Articolo interessantissimo che coniuga informazioni "turistiche" con realtà storico-politiche di grande spessore, in modo chiarissimo, profondo e intellegibile a chiunque, offrendo inoltre spunto per ulteriori ricerche personali!

    RispondiElimina
  2. 1800 e seguenti. Anni in cui non esisteva il politically correct (grande odierna piaga) per cui la popolazione poteva esprimere il proprio dissenso ad un ingiusto potere con le armi, con le baionette, spade e archibugi, non avendo altro modo per esprimerlo, senza che alcun moralista deprecasse l'evento con la ormai disgustosa "Eh no... la violenza no!".

    RispondiElimina