30 gennaio, 2022

Filastrocche e ricordi

 

Buon compleanno, Maestro !


La filastrocca è un tipo di componimento breve con ripetizione di sillabe ed utilizzo di parole, costituito da un linguaggio semplice e ritmato. È la prima forma poetica che conosce il bambino, il suo primo approccio con le parole e la musica. Il ritmo della filastrocca è rapido e cadenzato con rime, assonanze e allitterazioni ricorrenti.

Di origine popolare, usata nel passato per tramandare tradizioni o contro le maldicenze. Riadattata, viene oggi usata principalmente per far addormentare o divertire i bambini.

Alcuni procedimenti analoghi a quelli utilizzati nelle filastrocche si possono trovare nella poesia burlesca quale quella di Lodovico Leporeo e Olindo Guerrini. Noto autore di filastrocche è stato, in Italia, Gianni Rodari. 

Umberto Eco, che tanto ci manca,  ne ha scritto una su Marcel Proust nel libro 'Filosofi in libertà', ormai introvabile volume del 1958 che l'autore firmò con lo pseudonimo joyciano di Dedalus e che  oggi è riproposto da "La Nave di Teseo". 

Oltre ad essere uno scritto giovanile presenta un aspetto nuovo in quanto poco conosciuto di quella che lo stesso Eco definì “saggistica leggera”.

La riportiamo, come tenero ricordo,  nel novantesimo anniversario della nascita del Maestro di cui in più occasioni Nuovi Approdi si è occupato.

 "Raccontar vi vo bel bello quel che accadde a Proust Marcello ch'era un vecchio cataplasma sempre oppresso ahimè dall'asma e vegliato giorno e sera da una anziana cameriera.
    Ma un bel dì verso le tre mentre si sorbiva il tè sentì in bocca un gusto strano, indicibil, sovrumano, quasi in casa più non fosse, fiacco e oppresso dalla tosse, ma di colpo, sai com'è, si trovasse là a Combray, quando ancor stretto alla gonna della mamma e della nonna si assopiva il poverino dopo il bacio serotino (che attendeva assai turbato con il cuor tutto alterato, quasi fosse quel gentil bacio come un Perequil).
    Preso nella gora morta del ricordo, con la torta imbevuta ancor di tiglio nella strozza, caro figlio, il Marcello in quell'istante un programma ebbe davante e decise senza indugio di cercare il suo rifugio dalle asprezze del presente in un atto progrediente di ricerca del passato già perduto, e ritrovato per magia straordinaria di memoria involontaria.
    I ricordi alquanto lisi rinfrescò dei Campi Elisi quando allegro all'aria aperta vi giocava con Gilberta - che tradì, la poverina, per la gota di Albertina, maliziosa forosetta che girava in bicicletta.
    Siamo onesti, che daffare quel figliol si diede al mare, e raggiunse infine il clou col conoscere Saint-Loup.
    Riviveva nel suo sen il salotto Verdurin, presso cui faceva il fan di quel dandy d'uno Swan (quante poi se ne son dette delle nozze con Odette ch'era sì una concubina, ma di classe sopraffina...), e con molta discrezione di Charlus la perversione tollerò col fine insano d'apparire più mondano, affiliato alla camorra di Sodòma e di Gomorra.
    Finalmente appaga il voto ed accede, pio e devoto, nel santuario assai charmant ove officiano i Guermantes.
    Ma codeste son vicende e narrarle non vi rende certo il senso sostanziale di quel viaggio temporale che Marcello seppe fare in misura sì esemplare.
    Ed il leggere di un fiato quel romanzo smisurato vi assicuro, è risaputo, che non è tempo perduto".

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Di una delle più antiche filastrocche siciliane Marcella Burderi (*) , studiosa di tradizioni  popolari,  ci  offre un'intensa recitazione, rievocando antiche nostalgie.



C’era una volta un Re, befè, biscotto e minè,

che aveva una figlia, befiglia, biscotto e miniglia,
che aveva un uccello befello, biscotto e minello.

Un giorno l’uccello, befello, biscotto e minello
della figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè volò.

Ahi, come piangeva, la figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè!

Allora il re befè, biscotto e minè disse:
“A chi riporterà l’uccello befello, biscotto e minello
della figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè,
io la darò in sposa!”.

E venne un cristiano vavùso, tignùso, biscotto e minnùso
e disse:
“Ecco, re befè, biscotto e minè,
io ti ho riportato l’uccello befello, biscotto e minello
della figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè,
ora me la devi dare in sposa!”.

Il re befè, biscotto e minè
chiamò la figlia befiglia, biscotto e miniglia,
ma quella, quando vide quel cristiano vavùso, tignùso, biscotto e minnùso
disse:
“Io sono la figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè
e non sposerò quel cristiano vavùso, tignùso, biscotto e minnùso,
neppure se mi ha riportato l’uccello befello, biscotto e minello!”.

Allora il cristiano vavùso, tignùso, biscotto e minnùso
aprì le dita e l’uccello befello, biscotto e minello
della figlia befiglia, biscotto e miniglia
del re befè, biscotto e minè, volò via…





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(*) Studiosa di tradizioni popolari. PhD. Socia PRUA


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