Rembrandt, La lezione di anatomia del dottor Tulp , 1632, Museo dell'Aia |
Un' autopsia necessaria
di Luigi Sanlorenzo (*)
Nel gran teatro della democrazia italiana, sostituiti "i catafalchi" con discutibili e labirintiche cabine color fucsia, campeggia ora un tavolo anatomico freddo e indifferente.
Si sta per svolgere l'autopsia della Politica, deceduta per consunzione dopo essere stata colpita da un virus lento ma letale - tra poco saranno trent'anni - nei corridoi del Pio Albergo Trivulzio di Milano.
Per tre decenni si è cercato di tenerla in vita con ostinazione attraverso il berlusconismo prima, specchio di una società edonistica autoconvintasi di essere ricca e il populismo, interessato a riportarla tra la gente ricorrendo ad ogni rischiosa semplificazione dei problemi e delle relative soluzioni e irridendo ogni forma di cultura, preparazione e competenza al grido di "uno vale uno".
Il Paese sconta oggi quei tentativi estremi, interrotti solo da brevi parentesi che non hanno avuto però la capacità di generare una cultura politica, così necessaria in una società affetta da analfabetismo funzionale e di ritorno.
Un'intera generazione non ha memoria di altro.
Per essa la Politica e ogni altra cosa connessa ha solo il volto sfocato di Silvio Berlusconi e l'agitazione tarantolata di Beppe Grillo. In mezzo, il nulla in un paese che paradossalmente deve alla pandemia, cui ha pagato un prezzo altissimo in vite umane, una sia pur ancora poco avvertita soluzione finanziaria ai propri enormi problemi di indebitamento e al ritardo infrastrutturale che lo fa ultimo tra le principali democrazie dell' Unione.
Ora che il malato ha esalato l'ultimo respiro alla presenza del Parlamento in seduta comune per eleggere il nuovo Capo dello Stato, è giunto il momento di una necessaria autopsia, unica didattica possibile perchè qualsiasi cosa verrà fuori, domani possa essere il più possibile immune da nuove contaminazioni fatali.
Procediamo allora al triste rito secondo gli insegnamenti della medicina che nella dissezione dei cadaveri ha trovato spesso le vere cause del decesso.
Il cadavere è nudo. Steso prono sul tavolo metallico leggermente inclinato per favorire lo spurgo dei fluidi corporei, è osservato nella sua ultima integrità che presto avrà termine. Rivela ogni recesso, non può opporre alcuna residua finzione cosmetica, ogni pudore gli è negato.
Il patologo lo osserva senza emozioni e, postosi sul volto la mascherina chirurgica impregnata di mentolo per attenuare la puzza, dà inizio al rito antico.
La mano ferma effettua con il bisturi un' incisione "ad Y" partendo dal torace e proseguendo fino al pube. Il cadavere si apre come un libro, offrendo la lettura dei propri organi vitali.
Con difficoltà viene estratto il cuore. E' difficile da trovare perchè è ridotto ad un grumo gelatinoso che sembra aver cessato da tempo il proprio ruolo di pompare il sangue depurato dai polmoni nel sistema circolatorio alimentando tutto l'organismo di nuova energia. Il suo battito, ininterrotto dal concepimento, ha scandito il tempo dell'esistenza.
Gli antichi credevano fosse il centro delle emozioni, ma da recente qualcuno vi ha trovato tracce di rispecchiamento con ciò che, invece, avviene nel cervello. In ogni caso, quel muscolo si presenta atrofizzato e palesemente superfluo rispetto alla funzione originaria. Negli ultimi tempi era giunto al limite inferiore delle proprie possibilità ma, soprattutto, non faceva più battere il cuore della gente comune. Il patologo lo pesa, lo mette da parte ed esso sembra sparire nel lucore metallico del vasto contenitore pensato per ospitare ben altre dimensioni.
E' il momento dei polmoni. Rivelano la qualità dell'aria che il corpo ha respirato negli anni. Nel filtro che essi rappresentano sono ancora incastrati i residui di tempi dimenticati, i sedimenti di poche stagioni salubri, le lunghe permanenze in stanze tanto dorate quanto mefitiche e, talvolta venefiche, i fumi dell'avidità e le esalazioni del potere.
Si presentano neri e slabbrati e i bronchi al loro interno sembrano una rete di canali disseccati in cui l'ultimo refolo di aria pulita è passato da troppo tempo. Senza galleggiare neanche per un attimo, scendono nella soluzione di formalina predisposta per ospitarli. Si depositano sul fondo del vaso, agglutinandosi in una forma presto indistinta.
Il patologo passa ora al fegato, la grande spugna purpurea deputata a filtrare il sangue della digestione di ciò di cui il corpo si è nutrito. La massa è enorme, gonfia, durissima, più nera che violacea. I vasi che la percorrono sono ostruiti da tempo, talmente ingente è stata la quantità di veleni che l'organo non è riuscito a filtrare. Essi si sono cristallizzati e sono bene identificabili anche prima dell'analisi con gascromatografo e spettometro di massa.
Non si rinvengono tracce di interventi depurativi effettuati in vita, se non qualche residuo di alcuni iniziali nutrienti poi soverchiati dalla spazzatura che è stata ingoiata per decenni.
Lo stomaco è dilatato a dismisura. Sembra avere preso il posto del cuore poichè in esso sembrano essersi concentrati gli umori più pestilenziali, le reazioni intempestive, le contrazioni più lancinanti, gli appetiti meno nobili, un'incredibile predisposizione ad invadere lo spazio degli altri organi.
Le tracce degli ultimi pasti rivelano le abitudini alimentari del corpo ormai cadavere. Tracce di brani di carne altrui non ancora digerita, farina di notizie scorse frettolosamente, un tempo nella mazzetta d'ordinanza e poi sugli schermi di un tablet, nel tentativo di cogliere il "vento" e di seguirne il corso, non disponendo di idee proprie da proporre e difendere.
Una massa recente e non ancora smaltita rivela un improvviso ispessimento delle pareti gastriche, in precedenza abituate ad ospitare i più parchi alimenti di precedenti periodi di povertà.
Il lungo tubo dell'intestino è aggrovigliato, presenta più diverticoli che tratti liberi, in cui ristagnano residui di feci mai espulse. L'ano sembra arroventato per un probabile uso improprio e ricorrente. Messo da parte l'intero apparato digerente per un esame istologico approfondito, il patologo teme di sapere già quale sarà l'esito definitivo.
La prima parte dell'autopsia è conclusa. Il patologo pesa diligentemente tutto ciò che ha estratto. Gli antichi egizi riponevano gli organi interni nei vasi canopi. Ora, dopo ulteriori esami, finiranno in un inceneritore. Polvere alla polvere, cenere alla cenere.
Si passa all'esame dei grandi vasi che raggiungono gli arti inferiori le arterie iliache e femorali che dopo il tratto comune si biforcano a destra e a sinistra. Il patologo resta perplesso. In entrambi gli arti risaltano aneurismi e trombi di ampie estensioni dovuti all'innaturale accumulo di mescolanza di fluidi diversi e contraddittori impossibili da far transitare senza difficoltà e che, influenzando l'intera circolazione, impediscono il movimento, condannando ad una progressiva immobilità.
L'ultimo atto della penosa esperienza è la testa. Fatta una prima incisione sul cuoio capelluto rasato, con una sega elettrica incide la calotta cranica, e messo a nudo il cervello, ne scosta il velo che lo ricopre.
Ciò che vede lo lascia sbigottito.
Lo squilibrio dei due emisferi è abnorme. Normalmente, essi sono disposti in modo tale che uno appartenga alla metà destra del corpo umano e l'altro alla metà sinistra. gli emisferi cerebrali controllano i movimenti volontari, le funzioni sensoriali (udito, olfatto, vista, tatto e gusto), la capacità di linguaggio e di comprensione del linguaggio, il pensiero, la memoria a breve e a lungo termine, l'apprendimento, l'attenzione e la coscienza; per mezzo della sostanza grigia sottocorticale, inoltre, presiedono a funzioni come l'elaborazione delle emozioni e dei ricordi, la memoria spaziale, il consolidamento della paura, i comportamenti motivati, il processo decisionale finalizzato a una data ricompensa (sistema della ricompensa) e, ancora, la memoria, l'apprendimento e l'olfatto.
Nessun commento:
Posta un commento