Trombe, campane e
nuove disfide: il ritorno di D’Alema
di Luigi Sanlorenzo
"Voi sonerete le vostre trombe, e noi soneremo le nostre campane"
Pier Capponi a Carlo VIII, 1494
Con la dichiarazione di Massimo D’Alema si apre l’anno decisivo per la politica italiana durante il quale molte cose accadranno, a partire dall’ elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
Il presidente della Fondazione Italiani Europei e fondatore con Bersani, Speranza ed Errani del partito dell’ Articolo Uno di cui è stato annunciato lo scioglimento, è entrato a gamba tesa nel campo largo del Nazareno già solcato da profonde crepe rappresentate dall’ambiguo rapporto con il Movimento Cinque Stelle e con il suo nuovo giocoliere, ogni giorno più periclitante e che presto sarà restituito a quel nulla da cui proviene.
L’ex premier, considerato l’enfat prodige del partito e l’ultimo stratega della politica italiana, già titolare di un doppio primato quale comunista a Palazzo Chigi, ha parlato di futuro, a cominciare dalla partita alle porte per il Quirinale “occasione per un ritorno in campo della politica”. Quindi ha esortato: “Vale la pena di portare il nostro patrimonio in un contesto più grande”. Fin qui normale resipiscenza che non cancella tuttavia la colpa di aver favorito con la scissione il successo del Movimento Cinque Stelle in quel 2018, fatale anche per lui, rimasto fuori dal Parlamento dopo sette legislature.
Ma il petardo è esploso allorchè ha spiegato perché soltanto ora ciò sia possibile. «Avevamo ragione sulla deriva disastrosa del Pd, la principale ragione per andarcene era una malattia che fortunatamente è guarita da sola, ma c’era. Pochi oggi negherebbero la fondatezza del giudizio sul rischio che quel partito cambiasse completamente natura nell’epoca renziana».
Con la prudenza degna del Santo Curato d’Ars, che la tradizione vuole essere stato anche un famoso esorcista e come tale abituato a trattare con sulfuree presenze, Enrico Letta ha risposto su Twitter "Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l'unica grande casa dei democratici e progressisti italiani” “Sono orgoglioso – ha proseguito - di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell'interesse dell'Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno". Una dichiarazione anodina che lascia intravedere dietro l’apparente olimpica serenità, antichi e mai sanati rancori di cui il gelido e fugace scambio di campanella in quel fatidico 22 febbraio 2014 è rimasto l’icona memorabile.
Intanto, il guanto è stato lanciato e la nuova Disfida di Barletta avrà presto inizio. Sarà D’Alema il novello Ettore Fieramosca ? D’altronde, si narra che, ascoltandone un intervento a soli nove anni, di lui abbia detto “il Migliore” : «Se tanto mi dà tanto, questo farà strada».
E, a proposito di malattie e di chi le abbia contagiate o contratte, sembra di risentire il poeta Givan Battista Lalli che nella generale retorica di cui l’evento fu circonfuso, ironizzò nella "Franceide" sul vero motivo della Disfida, indicandolo nella contesa sulla paternità della sifilide - detta appunto "mal francese" dagli italiani e "mal di Napoli" dai francesi.
Sui rischi di un azzeramento di quello che fu il sogno di Veltroni, di Prodi e di Rutelli e che consentì per ben due volte la sconfitta nelle urne di Silvio Berlusconi, già Alessandro Manzoni nella tragedia “Il Conte di Carmagnola” fa commentare al coro la battaglia di Maclodio (1427) in cui i Veneziani, guidati da Carmagnola, sconfissero i Visconti.
“S'ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: D'ambo i lati calpesto
Rimbomba Da cavalli e da fanti il terren. Quinci spunta per l'aria un vessillo;Quindi un altro s'avanza spiegato:Ecco appare un drappello schierato; Ecco un altro che incontro gli vien.Già di mezzo sparito è il terreno;Già le spade rispingon le spade;L'un dell'altro le immerge nel seno; gronda il sangue; raddoppia il ferir.”
Pochi decenni dopo quella battaglia, nel 1494, Carlo VIII di Francia si dirigerà verso il Regno di Napoli, di cui si riteneva legittimo erede. Accolto favorevolmente a Milano da Ludovico il Moro, incontra delle resistenze a Firenze, tornata repubblica alla morte di Lorenzo il Magnifico. Pier Capponi, ambasciatore fiorentino che il re francese minacciava, se non fossero state esaudite le sue richieste, di ordinare alle trombe di suonare l`attacco, replicò così a Carlo VIII: " Voi sonerete le vostre trombe, noi soneremo le nostre campane!”
E in Italia, si sa, le campane rintoccano ovunque, ben più del suono arrogante delle trombe chiamano i parrocchiani a raccolta e, talvolta, infondono loro il coraggio necessario a contrastare il nemico, trasformandosi da moderati e concilianti amanti della pace, in inediti guerrieri.
Saprà reggere tanto strepito di trombe, tromboni, pifferi e campane “la più grande infrastruttura del mondo progressista italiano” nella fase in cui, finita la pax draghiana, riprenderà vigore lo scontro decisivo con il mondo della conservazione popolato da incubi del passato, da grossolane interpretazioni del presente e da preoccupanti soluzioni per il futuro ?
Uno dei più amati padri fondatori della Repubblica, il comunista Vittorio Foa, grande sostenitore della nascita del Partito Democratico, così dichiarò durante un’ intervista al Messaggero nel 2006 : “Sarebbe ora di finirla con questa damnatio memoriae per cui la storia del Novecento ruota intorno ai comunisti, agli ex comunisti e ai comunisti o filocomunisti pentiti. C'è una grande storia che è stata rimossa: quella degli antitotalitari democratici e liberali – anticomunisti e antifascisti – che non hanno avuto bisogno di rivelazioni tardive, di omissioni generalizzate e di compiacenti assoluzioni”
E’ possibile che ora il fiuto del vento dell’esperto ex velista gli abbia portato un sentore di nuovi e più alti destini ?
E' ben strano il destino del PD che, da partito di sinistra, non sappia riconoscere in D'Alema il suo maggiore leader da Berlinguer in poi. E che sia il più competente e capace politico italiano degli ultimi trent'anni lo dimostra l'ostracismo (quasi odio) che per primi nei suoi riguardi hanno avuto i suoi compagni di partito. Anche i più blasonati esponenti della sinistra italiana erano (e sono) dei minuscoli nani al cospetto di D'Alema e l'invidia e la paura nei suoi confronti ne hanno contraddistinto la competizione interna, fino alle dimissioni per aver perso una banale competizione elettorale regionale. Nulla a che vedere con le parole al vento di tal Renzi che stiamo ancora aspettando che si ritiri dalla politica dopo aver perso un fondamentale (per lui) referendum costituzionale e avere promesso di togliersi dai piedi, se sconfitto.
RispondiEliminaNe è prova anche la battaglia che gli fece allora Berlusconi che riconobbe in lui il suo più pericoloso competitor. Se ricordiamo bene, nessuno (Bersani, Renzi, Zingaretti, Letta) ha mai ricevuto particolare attenzione dalla destra italiana che ne ha sempre valutato le minime e ridicole qualità politiche. Contro D'Alema si scagliò, invece, l'universo mondo proprio per la paura politica che incuteva e che ancora oggi incute a partire, ripeto, dai suoi compagni di partito.
Il grido di dolore: "D'Alema, dì qualcosa di sinistra" di Nanni Moretti oggi sarebbe impensabile, considerato che non esiste più la sinistra italiana e che i suoi leader odierni non sanno forse più distinguere la sinistra dalla destra.
Ho sempre rispettato l'acume e lo spessore di D'Alema, forse la migliore testa pensante del Partito Comunista e soggetti successivi. Temo, a questo punto, che l'errore è stato proprio il Partito Democratico - nato per contrastare Berlusconi piuttosto che per ragioni ideali - che non a caso Francesco Cossiga definì sin dal 2007 "un ircorcervo" Un'illusione che sta ora tramontando inducendo molti a "riprendersi la propria maglietta".
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