02 dicembre, 2021

Miniature 4

 


Scorrerie

Da quando c’è l’autostrada Palermo-Catania, le distanze tra queste due città si sono ridotte molto. C’è la possibilità, in giornata, di fare una capatina, per lavoro o divertimento, nell’altra città e di ritornare in serata a casa.

Palermo, ovviamente, è capoluogo di regione e questo comporta avere i palazzi del potere, dei soldi, della gestione mafiosa, di tutto ciò che può essere negativo, associato ad una contradditoria meravigliosa bellezza derivante da un luogo crogiolo di civiltà, arti, passioni.

Catania, è sempre stata, invece, il capoluogo industriale dell’isola; luogo dove l’imprenditoria ha sempre cercato di progredire, migliorare, produrre ricchezza e benessere.

A Catania, ad un certo punto, sono iniziate pericolose attività che una volta erano confinate a Palermo. Nacque così la battuta circolante a Catania: “A noi, c’ha rovinato l’autostrada…”.

Sarà mai possibile isolare il virus della mafia, oppure le autostrade rimarranno sempre veicolo di infezione e di pandemia?

 

Euristica

La mente vola via e acchiappa le prime informazioni che le vengono a tiro. Senza pensarci su due volte si risponde, si reagisce, si decide e il più delle volte, tranne quando si ha una decisa competenza in quella tematica, si sbaglia.  Le euristiche, quando non sono altro che escamotage mentali, portano spesso ad errori perché nell’incertezza delle informazioni non abbiamo voglia di approfondire, di verificare e di decidere con raziocinio, magari in maniera più lenta, più metodica, più regolata dal rischio che deriva da tale incertezza.

Sembra di vedere e rivedere scenari odierni, rappresentativi di nuclei ben numerosi di persone che decidono, sulla scorta di informazioni non verificate e non autorevoli, di non vaccinarsi, anzi di condurre battaglie per difendere le proprie posizioni e di cercare di convincere gli altri della bontà della propria posizione, pur sapendo di non essere competenti nella materia e di non volere sviluppare il proprio pensiero con lentezza e razionalità. La velocità e istintività degli atteggiamenti non favoriscono assolutamente l’apertura mentale tramite la quale, ascoltando e ragionando, magari si può arrivare ad una scelta migliore.

Peccato.

 

Vespri

I Vespri siciliani sono stati un momento importante della storia della Sicilia della fine del 1200. Una rivolta contro i francesi angioini che da Palermo si estese a tutta l’isola. Si dibatte ancora se tale rivoluzione sia stata di natura popolare o guidata da notabili siciliani, anche loro scontenti del regime imposto da Carlo d’Angiò. Ma questo poco importa. Durante la rivolta dei Vespri furono migliaia i francesi uccisi, in battaglia e non. E molti furono i siciliani che perirono in quella guerra che durò vent’anni.

I Vespri siciliani sono considerati oggi  (aprite un qualunque libro di storia) un fatto epocale di grande importanza e significatività. Ve li immaginate, oggi, dei nuovi Vespri? “Che vergogna: manifestare va bene, ma la violenza no. Perché rompere le vetrine delle banche, perché incendiare i cassonetti? Che schifo, a tutto c’è un limite e questa violenza è inaccettabile”.I tempi cambiano, ma la storia ci insegna poco, o nulla.

Compagni, dai campi e dalle officine, prendete la falce, portate il martello, scendete giù in piazza, picchiate con quello… oggi non si canta più.

 

222

Gridava la sua innocenza, ma nessuno lo ascoltò. La sentenza fu rapida e incontestata: due anni. Si convinse che ogni appello alla clemenza sarebbe stato inutile: non lo avrebbero ascoltato e sarebbe stata una ulteriore umiliazione da subire.

Non gli rimase che vedere tutta la sua biancheria contrassegnata da un numero di matricola: 222.  Canottiere, mutande, calze, camicie, pigiami: 222.  E due anni da far passare. Si decise di studiare, aveva una licenza media da prendere e, almeno, avrebbe fatto qualcosa di utile per sé e per il suo futuro. Magari, quel pezzo di carta gli sarebbe tornato utile: e così fece. Quando non era occupato nello studio, leggeva. Ovviamente, quello che gli capitava, non aveva mica tanta scelta; oppure giocava a pallone: un pallone si trova ovunque e qualche compagno con cui giocare, pure.

E due anni passarono. Non tanto in fretta, ma quei due anni da interno in un collegio salesiano passarono.

 



                                                                                                          vavinilbrutto (*)



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(*) vavin è lo pseudonimo di un autore noto al responsabile del blog


1 commento:

  1. 22 gennaio.

    Ho appena due minuti di tempo per scrivere due righe. Sono a Montaguzzo, nel collegio Pierpaoli, e profitto di questo momento in cui mi trovo solo, in camerata, con la scusa di prendere dal mio baule la biancheria che mi è necessaria per la mia toilette.

    Proprio così. Ieri mattina il Maralli mi riaccompagnò dal babbo al quale raccontò tutto quello che gli era successo per causa mia, e allora il babbo - a racconto finito - non disse altro che queste parole:

    - Me l’aspettavo: tant’è vero che il suo baule con tutto il corredo richiesto dal collegio Pierpaoli è su bell’e pronto. Partiremo subito, con la corsa delle nove e quarantacinque! -

    Giornalino mio, non ho coraggio di descrivere qui la scena della separazione dalla mamma, dall’Ada, dalla Caterina... Si piangeva tutti come tante fontane, e anche ora nel ripensarci mi vengon giù, su queste pagine, i goccioloni a quattro a quattro...

    Povera mamma! In quel momento ho capito quanto bene mi vuole, e ora che sono così lontano da lei capisco quanto bene le voglio io...

    Basta: il fatto è che, dopo due ore di treno e quattro dì diligenza, sono arrivato qui, dove il babbo uni ha consegnato al signor direttore e mi ha detto lasciandomi:

    - Speriamo che quando ritornerò a prenderti possa trovare un ragazzo diverso da quello che lascio!

    Mi riescirà di diventare diverso da quel che sono? Sento la voce della direttrice...

    #
    Mi hanno messo la divisa del collegio che è bigia, col berrettino da soldato, la tunica con una doppia fila di bei bottoni d’argento e i calzoni lunghi con le bande rosso-scure.

    I calzoni lunghi mi stanno benissimo; ma però la divisa del collegio Pierpaoli non ha sciabola e anche questo, per me è stato un bel dispiacere!

    Da "Il Giornalino di Gian Burrasca" di Luigi Bertelli (Vamba) 1907

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