Rendering della futura area portuale di Palermo (younipa) |
Un tram che si chiama Desiderio
di Luigi Sanlorenzo (*)
Infuriano le polemiche sulla bocciatura da parte del Consiglio Comunale di Palermo della tratta tramviaria che dovrebbe percorrere viale della Libertà, l’ asse urbano alberato orgoglio di tutti i palermitani, realizzato a partire dal 1848 per proseguire verso nord il cardo romano della città storica e successivamente retaggio dei fasti liberty di fine ottocento.
Un luogo dell’anima dove risiedono i fantasmi di ville distrutte nel volgere di una notte che coesistono con nuove architetture non certo all’altezza di quell’ “Avenue des Champs-Élysées di Palermo” come ebbe a definirlo Richard Wagner, in città per completare il suo “Parsifal” nel 1882.
Due chilometri e mezzo di rimpianti e rimorsi di una città a volte bifronte che spesso ha guardato al proprio passato, pur inestimabile per il patrimonio ereditato dalla Storia, e al presente, talvolta percepito come eterno, ma poco al futuro, come si conviene ad un popolo che non conosce né, tanto meno, ne usa il tempo verbale.
“Si narra che il più giovane dei Titani, Kronos dio del tempo, invidioso che gli abitanti della Sicilia vivessero in una terra così bella scagliò contro gli isolani una maledizione privandoli del futuro e condannandoli a vivere in un eterno presente”. Questo è quello che si racconta.
Fatto sta però che, dei e incantesimi a parte, il futuro ai siciliani manca davvero ed è quello della loro lingua, o dialetto che dir si voglia, se ci si riflette un attimo, ci si accorge infatti che se un siciliano deve declinare un verbo al futuro gli è impossibile perché nella lingua siciliana non esiste il tempo del futuro.
In una ormai famosa intervista rilasciata da Leonardo Sciascia alla giornalista francese Marcelle Padovani e divenuta un libro dal titolo “La Sicilia come metafora” il grande intellettuale diceva con amarezza: “ E come volete non essere pessimista in una terra dove non esiste il tempo futuro?” ed il futuro a cui si riferiva Sciascia era in questo caso proprio quello della “lingua” siciliana.
Manlio Sgalambro, il filosofo catanese, grande amico, paroliere e mentore del compianto Franco Battiato, ha scritto nell’inedito “Teoria della Sicilia” 1994 che “Laddove domina l’elemento insulare è impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dell’isola è segnata da questa certezza; un’isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si sorregge sui flutti, sull’instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave; vi incombe il naufragio. Il sentimento insulare è un oscuro impulso verso l’estinzione. L’angoscia dello stare in un’isola, come modo di vivere, rivela l’impossibilità di sfuggirvi come sentimento primordiale.
La
volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non
avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere. La storia gli
passa accanto con i suoi odiosi rumori. Ma dietro il tumulto dell’apparenza si
cela una quiete profonda.
Vanità delle vanità è ogni storia! La presenza della catastrofe nell’anima
siciliana si esprime nei suoi ideali vegetali, nel suo tedium storico, fattispecie nel Nirvana.
La Sicilia esiste solo come fenomeno estetico. Solo nel momento felice
dell’arte quest’isola è vera”
E
come dimenticare le parole di Don Fabrizio Salina che tratteggiano
drammaticamente il carattere dei Siciliani: “I siciliani non vorranno mai
migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti; la loro
vanità è più forte della loro miseria.” Uno stigma che ancora oggi si insinua
anche nei più giovani al punto da indurli – e non sempre per necessità – a andare
in un altrove anche rischioso, ma di cui percepiscono però nuove prospettive
esistenziali.
Paolo Borsellino, del cui sacrificio ricorderemo il prossimo anno il trentennale, amava ripetere: “Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perchè il vero amore consiste nell'amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare.” Un convincimento sulla necessità di futuro con cui abbiamo il dovere fare i conti se non vorremo recitare ancora una volta in via D’Amelio il consunto mantra della retorica; e trenta anni sono un periodo di tempo congruo per fare il bilancio interiore della volontà di aprire le porte al futuro o per rispecchiarsi ancora una volta nel passato che affascina e consola.
La vicenda amministrativa del tram si sovrappone o origina da quei tratti del carattere siciliano che segnano ormai il contorno - e il limite invalicabile - di ogni vicenda siciliana ? Chi scrive ritiene che le ragioni degli oppositori alla realizzazione circa la poca trasparenza degli atti relativi vadano approfonditi ma che, al tempo stesso, non è comprensibile la resistenza alla realizzazione di un’infrastruttura che potrebbe contribuire a modificare il volto e l’anima della città.
Un sigillo, forse l’ultimo, ad un tentativo in parte non riuscito di proiettare la città in un futuro che la strappi al passato in cui ancora ama crogiolarsi, mentre le grandi città del mondo non esitano ad affiancare alle vestigia della propria storia il desiderio di scrivere nuove pagine, anche ardite, che segnino il passaggio delle nuove generazioni sulla propria terra, nel caso di Palermo troppo a lungo infelicissima, nonostante l’abusato vezzo dell’aggettivo opposto.
Non sarà una linea di tram in più o in meno a fare la differenza ma il coraggio di guardare con occhi nuovi ad un tessuto urbano a lungo martoriato dalle macerie dell’ultima guerra e che ne hanno segnato anche la rassegnazione e il senso di irredimibilità; riflessioni di non poco rilievo che il recente libro di Domenico Michelon “Palermo al tempo dei bombardamenti” edito da Dario Flaccovio, ha meritoriamente suscitato nel corso delle diverse presentazioni del volume e nelle quali tale aspetto è emerso prepotentemente e con preoccupazione.
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Nel 1951 usciva sugli schermi il film “Un tram che si chiama Desiderio” (A Streetcar Named Desire) diretto da Elia Kazan, con protagonisti Vivien Leigh, la "Rossella" di “Via col vento” e Marlon Brando. Nel 1998 l'American Film Institute l'ha inserito al quarantacinquesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi di tutti i tempi.
La trama è basata sull omonimo dramma di Tennessee Williams del 1947 e narra di una drammatica vicenda ambientata nel profondo sud degli Stati Uniti dove convivono ataviche mentalità e frustrate aspirazioni ad un futuro migliore. Ne consiglio la visione anche nel remake televisivo del 1995 con Jessica Lange e per non anticipare il finale, scriverò soltanto che la protagonista affiderà ad un tram dal nome “Desiderio” il proprio nuovo destino.
Esistono scelte ed eventi che individualmente e collettivamente sono delle vere e proprie “sliding doors” che cambiano il corso degli eventi e riscrivono pagine che sembrava impossibile voltare.
Un passaggio che Palermo merita e che non può in alcun modo essere ridotto al rango di una tattica politica, tanto più inquietante perché prefigura mondi e destini a cui non è gradevole pensare di voler appartenere.
Ci si adoperi, allora, nella massima chiarezza e trasparenza degli atti amministrativi e, al tempo stesso, senza l’arroganza di chi intende imporre la realizzazione per via giudiziaria, per cessare questa sterile polemica che non fa onore ad alcuno e che, vista dall’esterno, rischia di confermare l’immagine di immobilismo di Palermo e della Sicilia che, piaccia o meno e nonostante il sacrificio di molti, è ancora la lente attraverso cui la gente del mondo ci guarda, anche quando torna a casa propria, ancora scossa dalla bellezza disperata di una città che sembra però non avere il coraggio di capire che la politica è mezzo e non fine della più alta delle attività umane.
“Curare e scrivere una biografia progettuale di Palermo significa comporre un'immagine in movimento di una città in evoluzione che valorizza risorse e traiettorie già tracciate negli ultimi venti anni, che ha l’audacia di progettare un nuovo futuro che si svolgerà nei prossimi venti. È una sfida di conoscenza in azione e di azione nel pensante”.
Sono le parole con cui Maurizio Carta, ordinario di Urbanistica e pro
Rettore dell’ Università di Palermo, ha descritto la sua ultima fatica
scientifica che è anche un'intensa fatica letteraria, estesa e corale: "Palermo.
Biografia progettuale di una città aumentata" LetteraVentidue Edizioni
Una mappa, di potenziali e occasioni mancate, di slanci e visioni
possibili, non più rimandabili in direzione dell'immagine di una città che non
vuole più esser “calvinianamente” né invisibile né invivibile. Un libro pensato
per la trasversalità degli utenti, ed è qui, probabilmente, l'intuizione più suggestiva che l'autore pone
in essere per mettere in crisi quel sistema ormai datato che vuole la
diffusione della cultura per i pochi eletti appartenenti a cerchie ridotte e
limitanti.
“Una biografia progettuale – scrive ancora l'autore - nel senso che è un racconto di avvenimenti con lo sguardo verso l’orizzonte del futuro e una proposta di progetti alimentati dalle sensibilità della storia, della memoria e delle identità plurali e profonde della città. In particolare, è una corposa biografia delle trasformazioni urbanistiche o delle occasioni perse e dei problemi irrisolti dei primi venti anni del XXI secolo e una conseguente proposta progettuale che guardi almeno ai prossimi venti”.
Che la vicenda del tram e il destino della via più amata dai palermitani non sia l’ennesimo episodio da trascrivere nei polverosi repertori del “cimitero dei libri dimenticati” di cui ciascuno nel ruolo che ricopre ha il dovere di scegliere presto se aprirne le porte o essere il guardiano di pietra di un eterno presente.
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http://www.luigisanlorenzo.it/
Ho letto con molta attenzione ed interesse il tuo spunto alla diaspora della costruzione del tram a Palermo. Lo ritengo molto interessante. Ciao Loris buon pomeriggio.
RispondiEliminaTemo che l'analisi da te proposta, e che condivido, sia difficilmente comprensibile a chi, in questo Consiglio comunale, si è espresso con il voto contrario.
RispondiEliminaIl voto contro il tram è stato un voto contro il sindaco Orlando
Sempre lineare e chiaro. Grazie per questo importante punto di vista.
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